Il "gigante" scolpito da Michelangelo
Nella primavera del 1501, dopo un soggiorno di oltre quattro anni a Roma, dove lascia due dei suoi capolavori giovanili – il Bacco e la Pietà Vaticana – Michelangelo fa ritorno a Firenze, probabilmente attratto dalla possibilità di ricevere nuove importanti commissioni. Nel giugno dello stesso anno si accorda infatti con il cardinale Francesco Piccolomini (il futuro Pio III) per scolpire quindici statue per l’altare Piccolomini nel duomo di Siena, ma due mesi più tardi (quasi sicuramente grazie all’intervento del gonfaloniere Pier Soderini) ottiene un incarico ben più prestigioso dai consoli dell’Arte della lana e dall’Opera del Duomo, quello di scolpire una figura gigantesca di David in un blocco di marmo alto nove braccia, malamente sbozzato da Agostino di Duccio quasi quarant’anni prima. L’impresa costituisce per l’artista una sfida esaltante e il lavoro procede alacremente fino al 1503, quando la figura doveva essere ormai completamente abbozzata, protraendosi poi fino agli inizi dell’anno successivo per le ultime rifiniture.
Il colosso, scolpito dal Buonarroti con ostentato virtuosismo nella resa dei particolari anatomici, si allontana radicalmente dall’iconografia tradizionale dell’eroe biblico. All’acerbo adolescente raffigurato dal Donatello o dal Verrocchio, trasognato trionfatore della brutale violenza del gigante Golia, si sostituisce una figura atletica di giovane nel pieno delle forze, non ancora vincitore, ma che si appresta alla lotta sollevando fieramente il volto corrucciato e che nella tensione di tutte le membra, atteggiate nel contrapposto delle statue antiche, manifesta una terribile concentrazione di energie fisiche e psichiche. Nudità e gagliardia fisica associano l’immagine creata da Michelangelo a quella di Ercole, onorato a Firenze come simbolo delle virtù civiche e, in aggiunta all’espressione di ferreo dominio interiore delle passioni, la rendono perfetta incarnazione dell’ideale fisico e morale dell’uomo del Rinascimento. Alla celebrazione dell’eroe biblico, si sovrappone la concentrazione umanistica e repubblicana del civis-miles (cittadino-guerriero), in sintonia con le proposte del segretario della Repubblica fiorentina Niccolò Machiavelli, di creare una milizia stanziale per evitare di dipendere, nella difesa dello Stato, da truppe assoldate. “Offrendosi David a Saul di andare a combattere con Golia, provocatore filisteo, Saul per dargli animo, l’armò dell’arme sua: le quali come David ebbe indosso, recusò dicendo con quelle non potere bene valere di se stesso, e però voleva trovare el nimico con la sua fromba e con il suo coltello. In fine l’arme d’altri o le ti caggiono di dosso, o le ti pesano, o le ti stringono”: significativamente proprio dell’esempio di David si servirà, qualche anno dopo, lo stesso Machiavelli nel Principe per ammonire contro il rischio di affidarsi a milizie mercenarie.
Il profondo significato del “gigante” scolpito dal Buonarroti non rimane celato ai contemporanei che decidono, anzi, subito di mutare l’originaria destinazione a Santa Maria del Fiore, facendolo collocare, dopo un consulto fra i maggiori artisti presenti nella città, (gennaio 1504), davanti a Palazzo Vecchio in Piazza della Signoria, come simbolo delle libertà repubblicane.
L’entusiasmo popolare suscitato dal David non fa che consacrare la fama dell’artista, già carico di commissioni pubbliche e private.