Firenze a metà del ‘400 – La scultura di Donatello e il mutamento del gusto
A Firenze questi sono anni di elaborazione dell’eredità artistica della generazione precedente, favorita tanto dal diverso orientamento dei committenti quanto dal mutare del regime politico. Cosimo de’ Medici, dopo il suo ritorno nel 1434, aveva gettato le basi di un potere assoluto, collocando i suoi fedeli sostenitori in ruoli chiave del governo, ma continuava ad improntare il suo comportamento a modelli derivati dallo stoicismo ciceroniano (ricerca del bene comune e non del potere e del prestigio personali, moderazione, rifiuto dell’ostentazione). In tale chiave, va interpretata la sobrietà delle opere di valenza anche pubblica da lui commissionate, come Palazzo Medici Riccardi o il convento di San Marco. Però un gusto diverso informa le opere di destinazione privata, come il David-Mercurio bronzeo commissionato a Donatello per il cortile di Palazzo Medici. Sia che si tratti dell’eroe in cui tradizionalmente si incarnavano gli ideali civici sia del dio protettore dei commerci, Donatello ne dà un’interpretazione intellettualistica e raffinata, adatta a soddisfare le aspettative di un ambiente colto e aristocratico; la testa ombreggiata dal curioso copricapo – il pètaso dei pastori – rielabora il tipo classico di Antinoo, mentre il corpo, nella posa e nelle proporzioni, riprende opere di gusto prassitelico. Un vero omaggio ai committenti è poi il fregio con putti che orna l’elmo di Golia, derivato forse da un cammeo della collezione medicea. Tuttavia l’acuto senso del reale proprio dello scultore evita la caduta nel puro compiacimento estetico: il modellato sensibilissimo, le lievi asimmetrie della posa, l’espressione monellesca, trasformano i riferimenti culturali in sostanza di un’immagine vitalissima.